Le SS.UU. della Cassazione si sono pronunciate sulla coltivazione di piante da stupefacente.
- Avv. Giorgio Marchetti

- 16 apr 2020
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 25 apr 2020
E' stata depositata dalle Sezioni Unite la sentenza n, 12348/2020

La questione di diritto rimessa alle SS.UU. della Suprema Corte, a motivo della giurisprudenza ondivaga finora formatasi, era «se, ai fini della configurabilità del reato di coltivazione di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, è sufficiente che la pianta, conforme al tipo botanico previsto, sia idonea, per grado di maturazione, a produrre sostanza per il consumo, non rilevando la qualità di principio attivo ricavabile nell’immediatezza, ovvero se è necessario verificare anche che l’attività sia concretamente idonea a ledere la salute pubblica ed a favorire la circolazione della droga alimentandone il mercato».
Con la sentenza in commento la Suprema Corte a Sezioni Unite ha affermato il seguente principio di diritto «il reato di coltivazione di stupefacenti è configurabile indipendentemente dalla quantità di principio attivo ricavabile nell’immediatezza, essendo sufficienti la conformità della pianta al tipo botanico previsto e la sua attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere a maturazione e a produrre sostanza stupefacente; devono però ritenersi escluse, in quanto non riconducibili all’ambito di applicazione della norma penale, le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica, che per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante, il modestissimo quantitativo di prodotto ricavabile, la mancanza di ulteriori indici di un loro inserimento nell’ambito del mercato degli stupefacenti, appaiono destinate in via esclusiva all’uso personale del coltivatore».
Chi scrive, anticipando il suo pensiero e riservandosi una disamina più approfondita della decisione, ritiene che tra gli ermellini sia venuto in rilievo un'aspetto del principio di offensività, secondo il quale non vi può essere reato senza un'offesa a un bene giuridico, cioè a una situazione di fatto o giuridica, protetta dall'ordinamento, modificabile oppure offendibile per effetto di un comportamento umano.





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